Nelle prime ore del mattino del 22 ottobre del 2008 un violentissimo temporale si è abbattuto sulla Sardegna ed in particolare sui monti di Capoterra, rovesciando violentemente nel fiume rio San Girolamo cinque milioni di metri cubi d’acqua e una massa imponente di detriti: fango, massi e tronchi d’albero sono stati scaraventati a valle, distruggendo strade e ponti nei comuni limitrofi. L’effetto di questa perturbazione può essere paragonabile alle devastazioni causate dagli uragani che spesso colpiscono l’area caraibica e non solo. L’uragano Katrina, che nell’agosto del 2005 colpì gli Stati Uniti causando ingenti danni e classificato come uno dei cinque più gravi della sua storia, ha fatto registrare dati di piovosità simili a quelli riportati nella regione sarda. A Poggio dei Pini, uno dei comuni più colpiti dall’inondazione insieme a Capoterra, Pirri, Sestu ed Elmas, si è arrivati a 372 millimetri di acqua in tre ore, pari al picco massimo raggiunto dall’uragano Katrina tre anni prima.
Le strade delle città, completamente allagate, furono chiuse e per le prime ore le comunicazioni furono interrotte. Molte persone trovarono rifugio sui tetti; quel giorno gli elicotteri hanno sorvolato ininterrottamente i cieli della Sardegna. I soccorsi proseguirono anche durante la notte. La pioggia torrenziale aveva infatti fatto traboccare gli argini di numerosi torrenti tra cui Rio San Girolamo, che ha allagato un’ampia porzione di abitato a Capoterra e costringendo un intero quartiere ad evacuare a causa del pericolo di rottura di una diga, nelle montagne sopra Capoterra, dove la pioggia ha fatto salire in modo preoccupante il livello dell’acqua.
Numerose furono anche le difficoltà nei trasporti: numerosi pendolari rimasero bloccati a bordo del treno Oristano-Cagliari a breve distanza dalla stazione del capoluogo per un guasto agli scambi, poi riattivati dai tecnici delle ferrovie dello stato. Anche il trasporto aereo subì rallentamenti, con alcuni voli cancellati. Chiusa la statale tra Capoterra e il capoluogo sardo e la statale “Sulcitana”, all’altezza del km 10, per il cedimento del manto stradale a causa dell’esondazione del rio Santa Lucia.
La popolazione intera (adulti, bambini e anziani) fu colpita da questo evento: alcune persone persero la vita travolte dall’inondazione, molte abitazioni furono allagate e vi furono disagi anche ad alcune strutture pubbliche. In particolare alcune scuole furono invase da acqua e detriti ed altre scamparono per miracolo alla tragedia. A seguito di ciò ci fu la chiusura definitiva della scuola materna sul rio San Girolamo. Da allora i 90 bambini che frequentavano quella scuola vennero portati tutte le mattine in una scuola di Capoterra a bordo di due pullman. Questo avvenne perché se l’alluvione fosse arrivata mezz’ora più tardi i bambini sarebbero morti sotto un’onda di piena ben più alta di loro, come riferirono alcune maestre che si erano miracolosamente salvate, per cui era impensabile tornare ad occupare quell’edificio mettendo a repentaglio la vita di quei bambini e di tutto il personale scolastico. La ferita lasciata dall’alluvione era profonda: non solo per quello che era successo ma anche per ciò che sarebbe potuto davvero succedere. Anche tra gli abitanti di Frutti d’Oro la sensazione è quella di aver scampato un enorme pericolo: «È terribile quello che abbiamo rischiato: la maggior parte di noi quel mercoledì non ha accompagnato i bambini a scuola perché c’era un tempo bruttissimo. Se li avessimo portati a scuola avremmo potuto essere travolti anche noi dall’onda del rio San Girolamo». La scuola di Frutti d’Oro non fu l’unica “vittima” di questa catastrofe, ma anche altre scuole di quella zona, materne, elementari e medie inferiori, furono colpite più o meno direttamente.
Tra i soccorsi schierati ci furono carabinieri, vigili del fuoco, arrivati anche da alcune regioni del centro Italia come Toscana e Lazio, polizia, guardia di finanza, esercito, marina militare, enti forestali. Le operazioni di soccorso proseguirono tutta la notte e i danni furono stimati attorno ai 15 milioni di euro.
Il lavoro iniziato con le scuole del Comune di Capoterra è proseguito fino ad essere completato così come l’assistenza psicologica alla popolazione, mediante colloqui programmati e psicoterapia con E.M.D.R., da parte dell’ASL 8 di Cagliari.
Dai dati rilevati prima dell’intervento si è riscontrato che, su 251 bambini, il 52% presentava un PTSD acuto dopo un mese dall’alluvione. I soggetti con PTSD hanno avuto un ciclo di trattamento con EMDR e nella valutazione successiva, una settimana dopo, la remissione dei sintomi era pari al 94%. La percentuale che non ha risposto al trattamento EMDR è stata del 6%. Sarebbe importante esplorare ulteriormente i fattori che hanno contribuito a questo dato, probabilmente da aggiudicare a vari fattori di rischio, come gravità della perdita, reazioni emotive nei genitori, difficoltà e traumi emotivi precedenti all’alluvione, e altro.
Dalla prima fase dell’assistenza immediata (dall’impatto ai 30-45 giorni seguenti) si è passati alla fase dell’assistenza estesa (da 30-45 giorni a 3 mesi dopo l’impatto). Successivamente si è proceduto a fare interventi a medio, lungo termine e dei follow-up. Analizzando le valutazioni fatte ai bambini che non avevano ricevuto alcun intervento dopo 5 mesi dall’alluvione, si è potuto osservare che le reazioni post-traumatiche in questi bambini persistevano; ciò sta ad indicare nuovamente che in una grossa percentuale dei casi non c’è una remissione spontanea dei sintomi in soggetti in età dello sviluppo con il passare del tempo, come in genere avviene negli adulti. I bambini e adolescenti sintomatici trattati invece con EMDR rispondono bene e c’è una risoluzione della sintomatologia post-traumatica dopo il trattamento.