PREMESSA

Spesso seguiamo sulla stampa la descrizione di vari disastri (l’alluvione di Genova, l’incidente della Crociera Costa, terremoti, ecc.) e date le caratteristiche di questi eventi, le reazioni di stress vissute dalle persone coinvolte ed esposte possono portare a disturbi post-traumatici che potrebbero durare a lungo. Infatti, non bisogna sottovalutare le conseguenze del vissuto di pericolo e la paura di morire che inevitabilmente può colpire tutti, adulti e bambini in quei momenti”.

Successivamente, il ricordo di quei momenti, può essere elaborato naturalmente con il passare delle settimane ma in alcuni casi può perdurare fino a svilupparsi un Disturbo post-traumatico vero e proprio.  La sintomatologia più comune può consistere in insonnia, tensione, difficoltà a  pensare al futuro in senso positivo, senso continuo di minaccia. Potrebbero sviluppare in alcuni casi crisi di ansia o attacchi di panico”. Un’esperienza traumatica va elaborata con il supporto di psicologi che possono fare degli interventi psicosociali o con metodologie che disposizione permettono l’elaborazione di un trauma in modo mirato come l’EMDR.
Uno degli obiettivi della psicologia dell’emergenza è quello di supportare in modo specialistico le persone che hanno vissuto delle esperienze traumatiche, sia individuali che collettive. Il supporto psicologico deve essere mirato a stabilizzare nella fase acuta, attenuare le risposte allo stress, mobilitare le risorse delle persone coinvolte, normalizzare e facilitare il recupero della loro funzionalità e fornire un’occasione di valutazione dello stato emotivo delle persone e di eventuali bisogni di follow up.

L’intervento psicologico nell’emergenza deve quindi seguire e tener conto delle fasi del processo di traumatizzazione. Per esempio, immediatamente dopo il trauma, diciamo nei primi 2 giorni successivi, lo stato psicologico del soggetto è tra la dissociazione, confusione, incredulità, ecc. e quindi un intervento basato sulle parole avrebbe poca efficacia.
In questa fase bisogna stimolare in un primo momento i processi naturali che tendono a calmare la persona e a ristabilire l’equilibrio, riducendo la dissociazione che può esserci in atto, favorendo il contatto con il corpo e con gli stimoli ambientali e aumentando la consapevolezza corporale. In una seconda fase quando le persone hanno sintomi intrusivi, è importante che l’evento venga rivissuto, per poter rielaborarlo e risolvere il disagio (Foa, 1990).
E’ fondamentale che le vittime del trauma ristabiliscano contatto con il loro sistema naturale di supporto sociale. I traumatizzati hanno bisogno di essere aiutati con rifugio, cibo e altre cose per riprendersi.
Dopo che la sicurezza è assicurata, gli interventi psicologici possono essere necessari. Le persone hanno bisogno di imparare a mettere in parole i problemi che affrontano, nominarli e formulare le soluzioni appropriate. E’ importante parlare con loro delle paure irrazionali che sono parte del disturbo. Se l’ansia domina hanno bisogno di rafforzare le capacità di coping. Devono avere una certa distanza dagli input sensoriali ed emozioni legate al trauma per osservarle ed analizzarle senza avere iperarousal o evitamenti. Devono trovare un linguaggio per comprendere e comunicare le loro esperienze. Per metterlo in un’altra prospettiva la vittima ha bisogno di riviverla senza sentirsi impotente. E’ importante articolare cosa è successo, i pensieri e fantasie durante l’evento, la parte peggiore dell’evento e le reazioni in dettaglio, e come questo ha influito le percezioni su di sé e su altri. Questa terapia espositiva riduce i sintomi e aiuta a capire che ricordare il trauma non vuol dire riviverlo e che la esperienza ha un inizio, un decorso e una fine.
In genere sono presenti aspetti dei seguenti 3 elementi:

  • ripetersi del rivivere i ricordi dell’esperienza, in immagini, odori, suoni e sensazioni fisiche. Questo si accompagna di stati fisiologici estremi di iper e ipo arousal e da stress psicologico, sperimentando tremori, pianto, paura, rabbia, confusione o paralisi, che portano ad auto biasimo e alienazione.
  • Evitamento di cose che ricordano il trauma, anche ottundimento emotivo e distacco. Questo è associato ad una mancanza di capacità di sperimentare piacere e un ritiro generale dal coinvolgimento in attività e nella vita
  • Un pattern di arousal elevato, ipervigilanza, irritabilità, problemi di memoria e di concentrazione, disturbo del sonno e una risposta esagerata di startle. L’iperarousal porta ai traumatizzati a essere molto stressati per piccole irritazioni. Le loro percezioni confondono il presente e il passato traumatico, quindi reagiscono a piccole frustrazioni come se fossero eventi traumatici.Sono importanti 3 passi nel trattamento del PTSD: infondere una sensazione di sicurezza, trasferire strumenti per la gestione dell’ansia e facilitare l’elaborazione emozionale.

Le reazioni agli eventi traumatici cambiano quindi nel tempo. E’ primariamente il proprio contesto sociale che ri-stabilisce la sensazione di sicurezza vitale per un recupero ottimale. Il supporto può venire da chiunque che può aiutare quando le proprie risorse falliscono. L’aiuto psicologico  che è stato dato dall’Associazione EMDR nei vari interventi è un fattore di protezione potente contro i pericoli di traumi secondari.

E’ importante recuperare il senso di sicurezza e di fiducia, e di sentire protezione effettiva. Deve rimanere l’identità di prima, continuare a lavorare e ad amare come prima, farsi coinvolgere nelle cose della vita e con una buona apertura verso gli altri.

Le persone non colpite immediatamente e direttamente dalla tragedia non hanno danni a lungo termine. Quelli a più rischio di danno permanente sono persone direttamente esposte, quelli che erano fisicamente immobili o impotenti mentre cercavano di scappare, quelli che hanno avuto esperienze di prima mano di suoni, odori, ed immagini che hanno testimoniato direttamente la morte e i cadaveri e la quale vita è stata alterata per sempre dalla morte o ferimento di una persona cara.

Alla popolazione e ai soccorritori viene in genere consigliato di riprendere la routine, di evitare di isolarsi, di parlare con amici, in gruppo spontanei.

Di prendersi tempo per dormire, riposarsi, pensare e stare con famiglia  e amici cari.

L’aiuto professionale viene dato se le emozioni non perdono d’intensità, se ci sono incubi e notti corte, se soffrono troppo o  troppo a lungo.

E’ importante tenere presente che il disagio è una comune risposta ad uno stimolo traumatico eccezionale ed esistono modalità d’intervento in grado di lenire considerevolmente tale sofferenza. Uno dei fattori spontanei a livello sociale e culturale è quello relativo all’aiuto e sostegno da parte di familiari, amici e colleghi. Le persone che hanno vissuto un’esperienza traumatica devono avere la possibilità di comunicare con le persone care, perché questo può influire sulla risposta.

C’è quindi la capacità negli umani di recuperarsi dai traumi psicologici così come il corpo ha la possibilità di guarire e recuperare. Questo processo è noto come resilienza.

La differenza critica tra un evento stressante ma normale e il trauma è la sensazione di impotenza (helplessness) di cambiare il risultato. Infatti, se uno ha la sensazione di avere un po’ di controllo su quello che sta succedendo è meglio. Ma se la sensazione è di catastrofe inevitabile e si sperimenta una paura intensa e sensazione di perdita e di solitudine è più grave.

Spesso le persone esposte descrivono anche un senso di vulnerabilità, scampato pericolo, impotenza, non controllo di quello che stava succedendo, e si crea la paura che accadano ancora disgrazie, che un evento simile si ripeta. Successivamente si può provare colpa per essersela cavata meglio di altri, per il rimpianto di cose che si sarebbero volute fare e non si sono fatte.

Tutti quelli esposti, anche se con intensità diversa, si confrontano con questo tipo di sensazioni, soprattutto se le circostanze sono state particolarmente violente e gravi.

Gli eventi traumatici o critici (critical incident) sono stati definiti da Jeff Mitchell (1996) come qualunque situazione che porta le persone a provare reazioni emotive particolarmente forti, tali da interferire con le loro capacità di funzionare sia al momento che in seguito. Le fasi del trauma che il soggetto attraversa sono varie, vanno dall’iniziale reazione di allarme, allo shock o disorganizzazione mentale, all’impatto emotivo che colpisce entro un paio di giorni dall’evento. L’intensità delle reazioni tende a crescere e a calare successivamente nel tempo, con un picco durante le prime settimane, seguito da una riduzione graduale. La fase di coping inizia quando l’individuo cerca di affrontare, comprendere, rielaborare l’impatto emotivo dell’evento, chiedendosi e riflettendo sulle cause, su “cosa sarebbe successo se….”, cosa fare eventualmente per affrontare lo stesso evento in futuro e sulle sue capacità di farlo. Poi entra nella fase di accettazione e risoluzione fino ad arrivare ad imparare a conviverci.

Quindi i vari interventi psicologici devono tener conto del fatto che le reazioni ad eventi traumatici come un terremoto cambiano nel tempo.

Ciò nonostante, quello che per una persona è un evento critico, potrebbe non esserlo per altri. In genere solo una piccola minoranza di vittime di trauma sviluppa gravi difficoltà o rientra in una diagnosi di seri disturbi emotivi (Davidson & Baum, 1994). Yehuda (1993) ritiene che la percentuale di soggetti che sviluppano disturbi di questo tipo sia tra il 25% ed il 33%. È impossibile prevedere chi soffrirà di PTSD in una certa situazione, è però noto che alcuni fattori che avvengono prima, in concomittanza o successivamente all’evento possono contribuire all’insorgenza di questo disturbo. Tra questi troviamo l’identificazione personale con l’evento, ossia la vicinanza psicologica che il soggetto può percepire.

L’imprevedibilità dell’evento, che si presenta senza alcun livello di preavviso e la gravità ed intensità dell’evento (grado di esposizione e vicinanza fisica ) sono altri aspetti chiave nello sviluppo del disturbo. E’ noto che alcuni eventi vengono vissuti in modo particolarmente traumatico quando riattivano precedenti traumi che hanno degli elementi comuni (lo stesso luogo, la stessa emozione, ecc.) . Soprattutto il fatto che la persona può avere subito un’esposizione cronica ad eventi traumatici o che può avere un livello di stress attuale nella propria vita (per es. se sta divorziando, se ha perso il lavoro o se ha un lavoro particolarmente stressante, ecc.).  Il fatto di aver avuto la possibilità di reagire o di poter mettere in atto delle risorse al momento dell’evento o subito dopo sono altri fattori importanti.  In genere, queste risorse vengono impiegate in modo spontaneo, ma è difficile che il soggetto identifichi, riconosca e si rassicuri per il fatto che ha agito in modo adeguato, facendo del suo meglio e addirittura richiamando delle risorse efficaci.

L’intervento psicologico dopo una grave emergenza è fondamentale. Agire in tale fase significa, principalmente: il supporto nell’elaborazione del lutto, nella riacquisizione delle abilità adattive perse a seguito dell’evento traumatico, nell’acquisizione di quelle nuove abilità/capacità richieste dalla nuova situazione di vita, al fine di ridurre o favorire la scomparsa dei sintomi post-traumatici presenti nel quadro clinico. Tra i metodi più usati in questa fase troviamo l’EMDR. Infatti, è in questa fase che l’EMDR si è rivelato uno degli strumenti più efficaci per risolvere i sintomi del Disturbo Post Traumatico da Stress.  Il FBI ha introdotto l’EMDR e lo ha inserito come trattamento standard per il suo personale, l’Unicef ha avviato dei programmi di assistenza basati sull’utilizzo dell’EMDR e molti enti governativi e privati in molti paesi lo hanno inserito tra gli strumenti di intervento con le vittime di esperienze traumatiche (Shapiro, 2000 EMDR Humanitarian Assistance Programs). In Italia viene utilizzato dalla Polizia di Stato, da centri privati, associazioni che lavorano con bambini e donne abusati, enti parastatali (Trenitalia) e in generale da molte ASL sul territorio nazionale.  E’ stato il trattamento elettivo per supportare in modo specialistico più di 750 bambini vittime di disastri collettivi, come per esempio i bambini della Scuola Elementare di San Giuliano, dove sono rimasti sotto le macerie per ore dopo il terremoto del 31 ottobre 2001. Riguardo questo disastro, nessuno in Italia dimenticherà per molti anni il terremoto del Molise, ma chi lo ha vissuto direttamente, per esempio i bambini sopravvissuti o i soccorritori saranno forzati dal loro cervello non solo a ricordare, ma anche a riviverlo in continuazione.

L’EMDR si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatica ed è una metodologia completa che utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra per trattare disturbi legati direttamente a esperienze traumatiche. L’EMDR aiuta ad integrare elementi frammentati dell’esperienza.
Dopo le varie fasi di una o più sedute di EMDR, i ricordi disturbanti legati all’evento traumatico hanno un’alterazione. Il cambiamento è molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono passati dall’evento. L’immagine cambia nei contenuti e nel modo in cui si presenta, i pensieri intrusivi in genere si attutiscono o spariscono, i pensieri del paziente diventato più adattive dal punto di vista terapeutico e le emozioni e sensazioni fisiche si riducono in intensità.

L’elaborazione dell’esperienza in sé con l’EMDR permette al paziente attraverso la desensibilizzazione e la ristrutturazione cognitiva che avviene, di cambiare prospettiva, cambiando le valutazioni cognitive su di sé, incorporando emozioni adeguate alla situazione oltre ad eliminare le reazioni fisiche. Rimane la prospettiva articolata dell’adulto sull’evento passato, le emozioni non funzionali sono trasformate. Questo permette in ultima istanza di adottare comportamenti più adattivi. Dal punto di vista clinico e diagnostico dopo un trattamento con EMDR il paziente non presenta più la sintomatologia tipica del disturbo post-traumatico da stress, quindi non si riscontrano più gli aspetti di intrusività dei pensieri e ricordi, i comportamenti di evitamento e l’iperarousal neurovegetativo nei confronti di stimoli legati all’evento, percepiti come pericolo. Un cambiamento significativo è dato dal fatto che il paziente discrimina meglio i pericoli reali da quelli immaginari condizionati dall’ansia.

Si sente che veramente il ricordo della esperienza traumatica fa parte del passato e quindi viene vissuta in modo distaccato. I pazienti in genere riferiscono che lo vedono come un “ricordo lontano”, non più disturbante o pregnante.

Dopo l’EMDR il paziente ricorda l’evento ma il contenuto è totalmente integrato in una prospettiva più adatta. L’esperienza è usata in modo costruttivo dall’individuo ed è integrata in uno schema cognitivo ed emotivo positivo. Cioè il paziente realizza le connessioni di associazioni appropriate, quello che è utile è appreso ed immagazzinato con l’emozione corrispondente ed è disponibile per l’uso futuro.